Costituzionali le norme che prevedono “la retroattività” dell’imposta di registro

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 39 del 2021 è tornata ad esprimersi sulla legittimità costituzionale dell’art. 20 del DPR 131/1986 (Testo Unico dell’imposta di Registro – TUR) come modificato dalla Legge di Bilancio 2018 e reso retroattivo dalla Legge di Bilancio 2019. La Suprema Corte si era già espressa in materia con la sentenza n. 158/2020 il cui contenuto viene sostanzialmente ribadito nella pronuncia in esame.

La fattispecie trattata era relativa al conferimento di un ramo d’azienda seguito dal trasferimento delle partecipazioni della società conferitaria. L’Agenzia delle Entrate aveva riqualificato tale operazione come cessione d’azienda soggetta non più ad imposta di registro in misura fissa ma in misura proporzionale.
Il testo normativo in vigore dell’art. 20 TUR prevede che “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici, dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”.

La Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, rivolgendosi alla Corte Costituzionale, sollevava la questione di legittimità del citato articolo 20 sotto un duplice profilo: veniva contestata la sua contrarietà rispetto ai principi di capacità contributiva e di uguaglianza e si contestava la legittimità della disposizione contenuta nella Legge di Bilancio 2019 (art. 1, comma 1084 della Legge 145/2018) che sanciva la natura di norma di interpretazione autentica della modifica dell’art. 20 TUR, avvenuta con la Legge di Bilancio 2018, facendole acquisire efficacia retroattiva (ex tunc).

La Suprema Corte ha definito manifestamente infondate le pretese della CTP in riferimento al contrasto dell’art. 20 TUR con i principi di capacità contributiva ed eguaglianza. Già nel 2020 la Corte aveva ribadito che, essendo l’imposta di registro un’”imposta d’atto”, essa deve essere applicata agli effetti giuridici che l’atto presentato produce senza che valutazioni estranee all’atto medesimo possano interferire.
Anche la seconda pretesa è stata dichiarata infondata dalla Corte Costituzionale che ha confermato quindi la legittimità della norma che attribuiva forza retroattiva alla norma che, a sua volta, modificava l’art. 20 TUF.

Si sottolinea che l’Agenzia delle Entrate potrà in ogni caso contestare le operazioni sulla base della presumibile violazione dell’art. 10bis dello Statuto del Contribuente (D.L. 212/2000) in materia di abuso del diritto.

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